Ho l’onore di essere il presidente del nuovo Com.It.Es del Sud Australia, e il primo presidente donna nel ruolo ad Adelaide. Il Com.It.Es (abbreviazione di Comitato Italiani all’estero) è un organo rappresentativo della nostra collettività italiana fuori dall’italia, istituito molti anni fa come riconoscimento che noi italiani emigranti siamo molti e siamo ancora interessati a lavorare con le autorita italiane per promuovere l’italianita’.
Questo e’ il primo Com.It.Es del Sud Australia con una rappresentanza numerosa di donne: la meta’ dei consiglieri (eletti e cooptati) sono donne. Noi ovviamnete sediamo sulle spalle delle giganti: donne di grandissimo valore professionale e personale che ci hanno preceduto nei Com.It.Es precendenti, che ci hanno offerto un bellissimo modello da seguire. Vi ringraziamo tutte di cuore per averci aperto la strada e spianato la pista, che purtroppo e’ ancora in salita nell’equa rappresentanza.
Oltre ad essere presidente Com.It.Es, sono una mamma di un bambino di 5 anni e sono professoressa associata in criminologia alla Flinders University. Come mamma italiana di un bimbo che mi risponde sempre di piu in inglese conosco molto bene l’importanza – e la fatica! – nel mantenere la lingua e cultura italiana nella quotidianita. Per cui tutte le iniziative volte ai bambini e ai ragazzi sono benvenute: per esempio, la Dante ad Adelaide si e’ attivata nel settore gia da qualche anno.
Come professoressa universitaria, la mia ricerca e’ nel campo sociale. La ricerca, di qualsiasi settore, ha indubbiamente un ruolo importante nella nostra societa. Ed e’ per questo che in passato avevo contribuito, anche come presidente, all’associazione ARIA, che promuove la ricerca tra Italia e Australia.
Nel mio ambito, mi occupo di cross-bording, il confine visto come una linea che delimina le nazioni ma anche che attribuisce identità alle persone: chi ha una identità ‘preferita’ dallo stato ricevente viene accettata (come me), mentre chi non l’ha, viene definita come persona non gradita e quindi rigettata o trattata male (ricordiamoci che fu cosi’ che gli italiani degli anni ’60 vennero definiti).
Questa lente per leggere il confine è applicata sia agli immigrati irregolari che bussano alle porte dell’Australia e dell’Europa e sia alle persone che viaggiano in maniera ‘regolare’ ma provengono da zone considerate ‘a rischio’.
Attualmente, come ricercatrice esperta di migrazione e abusi contro migranti, sto catalogando ed analizzando le visite mediche delle donne italiane e greche quando sono venute in Australia tra gli anni 1950 e inizio 1970. Purtroppo ho scoperto che molte donne venivano trattate in maniera sub-umana durante queste visite. Questo e’ un pezzo di storia che nessuno conosceva e che potrebbe finire del dimenticatoio se non ci si lavora adesso, perche molte donne ancora in vita che hanno vissuto questa esperienza hanno oltre 80 anni. Se avete una mamma, zia, sorella piu grande che hanno fatto le visite mediche in Italia prima di venire in Australia durante il dopoguerra, e hanno desiderio di condividere la loro esperienza, mettetevi in contatto con me. E’ importante portare alla luce un pezzo di storia non conosciuto, soprattutto perche la storia molto spesso e’ scritta da uomini per uomini. Dobbiamo prendere le redine della nostra storia e raccontarla prima che sparisca.
Febbraio 2022