Giuliana Otmarich – COVID-19

COVID 19 – La Prima Ondata

La prima volta che ho realizzato quanto la situazione fosse pericolosa era un sabato mattina di metà marzo. Mi trovavo in un caffè con il mio compagno Peter e la mia amica Clara. Si parlava esclusivamente dell’epidemia di coronavirus che stava dilagando e delle conseguenze per la salute e la vita quotidiana di tutti.

In quel momento, d’un tratto, mi sono accorta che stavamo affontando una crisi maggiore, uno sconvolgimento sociale ed economico. La mia vita, la mia salute e quella della mia famiglia erano in pericolo e la situazione richiedeva un maggior cambiamento del nostro stile di vita. È stato un momento che mi ha colpita fortemente e ha provocato inaspettatamente in me la determinazione di fare tutto il possibile per proteggerci dal pericolo. Quel pomeriggio stesso ho pensato ai protocolli riguardo il distanziamento sociale, l’isolamento, le mascherine e la disinfezione e ho cominciato ad attuarli.

Nelle settimane seguenti ho stabilito nuove routine domestiche e abitudini quotidiane d’igiene con una sorprendente energia ed entusiasmo, rinforzati ogni sera dalle informazioni del telegiornale sul progredire implacabile del virus. Mi rendevo conto più che mai del mio collegamento alla comunità quando vedevo un cortese rispetto, oppure una scortese inosservanza delle regole del distanziamento sociale, in strada o al supermercato. E anche quando sentivo alla televisione la voce del nostro primo ministro che ci riassicurava: ‘Siamo tutti uniti in questa crisi’.

Dal principio mi preoccupavo di come noi, io e Peter, potessimo sopravvivere a settimane o mesi d’isolamento. Di nuovo sono rimasta sorpresa. Col passare dei giorni in cui siamo rimasti quasi sempre a casa, abbiamo ritrovato una calma serenità, un maggiore vicinanza reciproca e una maggior cura l’uno per l’altra. Invece di sentirmi rinchiusa in casa mi sono sentita più libera, dagli appuntamenti, dagli obblighi sociali, dagli stress esterni, libera dipassare una giornata oppure una settimana intera a fare lavoretti in giardino senza interruzioni.

Mi ci sono volute però non più di una o due settimane per sentire sul serio la mancanza del contatto diretto con i miei nipoti. Telefonate, riunioni con ‘zoom’ non riuscivano a sostituire il contatto fisico. Alla fine ho organizzato incontri a casa loro, io sul marciapiede, loro nel giardino davanti casa, chiacchierando a distanza. Anche questa modalità, meglio di niente, era comunque strana, stentata.

La tecnologia che una volta ignoravo, ora era diventata un mezzo che ho accolto con entusiasmo per rimanere in contatto con amici e familiari. Nei discorsi ‘on line’ si parlava soltanto dell’epidemia e mi ricordo che pensavo e dichiaravo agli amici che il più grande pericolo sarebbe arrivato con l’eventuale rilassamento delle misure restrittive e che io sarei stata estremamente cauta nell’abbassare la guardia.

Ora le misure restrittive sono quasi cessate ed hanno portato con sè altre sorprese. Alcune delle mie nuove routine e abitudini quotidiane d’igiene si sono radicate, forse per sempre. Per esempio continuo a disinfettare regolarmente le maniglie delle porte, degli armadi, le superfici di casa, il sacchetto della spesa, il volante, il cruscotto e il ganciodella cintura di sicurezza nella mia automobile. Non sono altrettanto cauta riguardo l’isolamento e ho accolto con entusiasmo il ritorno della libertà sociale.

Nonostante tutto sono molto riconoscente di quanto siamo stati fortunati qui in Australia, in Sud Australia. Abbiamo in gran parte evitato il lato peggiore della prima ondata di COVID19. Ma sono ugualmente consapevole del pericolo imminente di una seconda. Non siamo ancora fuori dai guai. Allora cerco di tenermi strette le lezioni che ho imparato in questi ultimi mesi, le precauzioni che ho praticato, specialmente quelle che ora tendo a dimenticare.