Emma Luxardo – COVID-19

Nell’arco degli scorsi mesi non ho sperimentato in prima persona l’isolamento perché sono andata sempre in ufficio. Ma l’ho comunque vissuto attraverso gli altri nella mia famiglia. Innanzitutto con mia mamma che vive da sola e a Milano! È rimasta a casa per due interi mesi e l’ho dovuta assistere da qui per la spesa online, le ho tenuto compagnia e l’ho aiutata con le sue incombenze mediche. Alla fine dei due mesi di lockdown mia madre non vedeva l’ora di uscire e ricominciare la sua vita e soprattutto la sua intensa attività di volontariato. Non nascondo che ero preoccupata che ricominciasse ad uscire e l’ho condiviso con lei, che però si è molto innervosita e mi ha detto: “Che vita è questa? Stare a casa da sola, con le giornate tutte incentrate su mangiare e dormire? Perché alla fine, senza interazione sociale, si perde anche interesse in tutto il resto”.

Mia figlia Daria qui in Australia è sempre andata a scuola e ha apprezzato le classi con pochi studenti, a causa delle molte assenze degli altri. Ha vissuto la vita scolastica un po’ com’era per lei in Italia, dove in una classe erano 14 studenti e nell’altra 8.

Mio figlio va all’università: penso che proprio lui abbia pagato il prezzo più alto. A luglio doveva partire per Singapore, dove avrebbe studiato per un intero semestre ma tutto è stato posticipato. Avrebbe dovuto andare con un gruppo di studenti a Shanghai, a Sydney e anche partecipare a un’importante conferenza per la presentazione di una ricerca di cui è co-autore… tutto cancellato, speriamo posticipato. Inoltre, le lezioni sono solo online e non è nemmeno lontanamente simile alle lezioni frontali.

Mio marito normalmente lavora da casa, quindi non ha notato grandi differenze.

Per tornare alla mia personale esperienza, quello che mi ha lasciato questo periodo di lockdown è un sentimento di maggior connessione. Mi sono trasferita in Australia poco meno di quattro anni fa e da allora mi sono sentita isolata dalla “mia precedente vita e dal mio precedente mondo”.  Con la pandemia ho però potuto ri-accedere e ri-connettermi alla mia vita precedente, il mio teatro, le mie conferenze, la mia scuola di Life e Corporate Coaching  (ho partecipato a diversi corsi di aggiornamento), i miei docenti, i  miei colleghi coach, i miei musei… Realizzo ora che io e i miei ragazzi abbiamo vissuto in una sorta di auto-isolamento durante gli scorsi 4 anni e per questa ragione forse siamo risultati più resilienti a un cambiamento di vita così drastico, come quello che stiamo vivendo, e più pronti a gestirlo.

In ultimo ma non meno importante, durante il lockdown ho potuto pensare “out of the box”, “fuori dalla scatola” come si dice qui, e così fare ordine tra i miei desideri e avere una visione più chiara della strada che voglio percorrere. È stato un periodo in cui ho creato spazio interiore, che mi ha rimessa di nuovo in contatto con ciò che mi rende felice e realizzata e con la mia più autentica me.